La pietra nera ...
Ciao,
... o per dirla in francese: la pierre noire (che, ovviamente, non è quella sacra ai musulmani e venerata alla Mecca).
La Pietra Nera. È uno dei rimedi tradizionali della medicina africana (ma anche indiana, caraibica e latino-americana) è ritenuto efficace contro un numero “imprecisato” di accidenti vari. Al riguardo la medicina, cosiddetta, occidentale è possibilista verso alcune, ma non tutte, delle sue pretese virtù terapeutiche.
La “pietra” è il risultato della preparazione di pezzi di osso (o di corno) ottenuti dal femore della mucca ed è utilizzata come primo rimedio per assorbire - principalmente, ma non solo - il veleno dei rettili. Tradizionalmente la “pietra” viene preparata ricorrendo a differenti metodi di pulizia, essiccazione e cottura dell’osso (come già detto in specie il femore che è, per sua natura, altamente poroso) in modo da aumentare la sua superficie e renderla più assorbente.
Una volta preparata, la “pietra” neutralizza gli effetti letali del morso di serpente se viene posta tempestivamente a contatto con il punto d’ingresso del veleno. Si effettua un piccolo taglio sulla zona del morso e, una volta uscito il sangue, la si applica localmente. La “pietra”, in tal modo, assorbe il veleno riducendo la fatalità di un morso di serpente. Le pietre, dopo l’uso, devono essere bollite in acqua salata e rimanere a mollo nel latte fresco, e poi di nuovo essiccate per ripristinare le loro qualità di assorbimento.
Una prassi simile esiste anche in India (dove annualmente muoiono decine di migliaia di persone per morso di serpenti). Le medicine, e filosofie, tradizionali indiane: Ayurveda (e non solo) non contemplano, in caso di avvelenamento da serpente, la sieroterapia (largamente praticata, al contrario, dalla medicina occidentale). La base del trattamento consiste – appunto - nella applicazione della “pietra nera” (nota anche come “pietra del serpente”) nel punto colpito.
Si tratta un carbone animale che si ottiene dalle ossa calcinate al fuoco: applicandolo sul morso la “pietra” grazie al suo potere assorbente estrae il veleno inoculato. Dopo l’assorbimento del veleno stesso la pietra si stacca dalla cute ad indicare che la sua azione è terminata. Un'altra possibile prassi di "rigenerazione" consiste nel lavaggio nel latte, risciacquo (in acqua) e, anche in questo caso, asciugatura al sole prima del successivo riutilizzo.
Una ulteriore pratica del genere – a testimoniare l’omogeneità di certe credenze ma anche di certi rimeni di medicina tradizionale – viene pratica nelle pianure siberiane utilizzando allo scopo il corno del cervo (il pantui, da millenni utilizzato nella medicina tradizionale cinese) ricco di “pantocrina” una sostanza che si ritiene abbia elevate proprietà antitossiche (assumibile per bocca, per iniezione o per contatto ed efficace anche contro intossicazioni e casi di setticemia).
Posseggo una “pietra nera” (che mi è stata donata): quella in mio possesso – da utilizzarsi rigorosamente assieme a succo di limone - è dichiarata efficace contro (tra l’altro): morsi di serpenti e punture varie, avvelenamenti di altro tipo, febbre ti.foi.de, diarrea, diabete, malattie degli organi genitali, emicrania, sinusite, ulcera, impotenza sessuale, tagli da machete (!!!).
Conosco personalmente un ricercatore universitario che asserisce di essersi curato (avendo ricevuto un morso potenzialmente letale) con la “pietra” in questione e di aver evitato, grazie alle proprietà curative della stessa, potenziali complicazioni anche molto gravi.
Alcune “pietre nere” erano presenti nelle dotazioni di pronto soccorso di parte delle spedizioni che ho effettuato all’interno della Costa d’Avorio.Francesco