Pubblicato nell'e-book del 2004
Una, due, tante Cyphotilapia.
È inevitabile.Ogni anno si aggiunge qualche nuovo pesce al mondo dei Ciclidi africani. Viene descritto qualche nuovo Protomelas, un Copadichromis già da tempo presente nelle vasche degli appassionati riceve un nome scientifico, compare qualche nuova ed entusiasmante Xenotilapia. Il risultato è che i generi si allargano a dismisura richiedendo a volte di chiarire la situazione a livello tassonomico. Ben più rari, invece, sono i generi di Ciclidi che contano una sola specie. Un noto esempio è il genere Cyphotilapia, che con la specie C. frontosa è tra i Ciclidi più amati ed ambiti. Questa condizione di solitudine, che resiste dal 1920, è terminata nel 2003 quando due studiosi giapponesi; Takahashi T. e Nakaya K., hanno trovato un nuovo compagno: Cyphotilapia gibberosa (gibbus è il termine latino per gibbosità, un termine che tutto sommato non intende qualcosa di molto diverso da frontosa).
Chiunque conosca anche solo superficialmente i Ciclidi del lago Tanganica sa che di C. frontosa esistono diverse varietà geografiche, tra le quali la più ambita è la sette bande, ma fino ad ora nessuno aveva mai pensato che fossero specie diverse. Grossolanamente possiamo distinguere le varietà di interesse acquariofilo in base alla colorazione ed al numero di bande presenti sul corpo. La varietà di Kigoma possiede sette bande, una banda in più rispetto a tutte le altre popolazioni. La varietà più “antica”, per quanto riguarda l’importazione in Europa, è quella del Burundi. Le Cyphotilapia dello Zambia sono di colorazione blu più intensa e hanno una banda tra gli occhi assente nelle altre popolazioni. Le varietà del Congo hanno una intensa colorazione blu sulle pinne ed una riflesso madreperlaceo sulla parte superiore del corpo mentre quelle provenienti dalla Tanzania (Cape Mpimbwe) hanno grandi scaglie madreperlacee sulla gibbosità dei maschi più grandi.
I due autori giapponesi hanno guardato in dettaglio (hanno cioè controllato diverse caratteristiche morfometriche) le diverse varietà e si sono accorti che differivano per una caratteristica anatomica fino ad ora mai investigata: il numero di scaglie che distanziano le due ramificazioni della linea laterale (la linea laterale dei Ciclidi è suddivisa in due rami, uno superiore ed uno inferiore; una caratteristica che, in combinazione con altre, distingue questa famiglia di pesci). In C. frontosa le scaglie di distanza sono due mentre in C. gibberosa sono tre. Oltre a questa, anche altre caratteristiche rilevabili in base alle analisi statistica distinguono C. gibberosa dalla sorella più nota: un numero superiore di scaglie sulla linea laterale, un numero inferiore di denti sulla fila esterna sulla mascella superiore, e in misura percentuale rispetto alla lunghezza del corpo, un’altezza maggiore del corpo, una predorsale più lunga, una base più lunga della pinna dorsale, e una pinna pettorale più lunga. Come individui di paragone i due studiosi hanno utilizzato l’olotipo di C. frontosa (l’esemplare su cui è stata basata la descrizione originale da parte di Boulenger nel lontano 1906) insieme ad altri esemplari raccolti nel corso degli anni. In base a queste differenze i due zoologi hanno perciò deciso di descrivere la nuova specie e secondo gli standard richiesti hanno definito un olotipo di C. gibberosa e dei paratipi (esemplari da conservare con l’olotipo che forniscono i dati necessari all’analisi statistica). Oltre a questi però nella descrizione della specie vengono anche analizzati 13 esemplari che sono chiamati non-tipi perché non fanno parte degli esemplari che descrivono la specie. In base ad una argomentazione molto tecnica che riguarda le regole connesse alla descrizione di una nuova specie, Heinz Büscher afferma che non è possibile agire in questo modo (Heinz Büscher è il “papà” di vari Ciclidi del Tanganica come Xenotilapia papilio, Lamprologus similis, Neolamprologus pectoralis…). La sua argomentazione sembra forte e per questo motivo ho cercato di informarmi su chi avesse ragione. Ancora una volta la categoria degli zoologi si è confermata tra le più litigiose. Il fatto stupisce ancor di più se si pensa che queste persone passano ore (alcune volte anche lanciandosi veri e propri insulti o rompendo amicizie decennali) litigando su faccende che ci possono sembrare banali: qual è il nome scientifico corretto?, qual è la procedura più adatta alla descrizione di una specie? Forse la situazione sarebbe più comprensibile, ed apparirebbe meno scontata, se i profani come noi capissero che dare un nome ad una specie è frutto di una ipotesi scientifica alla pari di tutte le altre scienze. Alla fine di un paio di giornate di discussione, penso di avere compreso che nonostante l’inclusione degli individui non-tipo la descrizione di Cyphotilapia gibberosa può essere ritenuta corretta e così il nome di questo Ciclide deve essere considerato valido.
Ricapitolando possiamo riunire le popolazioni di Cyphotilapia presenti nella parte settentrionale del lago sotto il nome di C. frontosa. A Kigoma le Cyphotilapia frontosa presentano le famose sette bande invece delle sei che mostrano le altre popolazioni. Questa è la varietà descritta da Boulenger nel 1906 sotto il nome di Paratilapia frontosa. Sulla costa occidentale C. frontosa è presente da Uvira fino a Cap Tembwe, mentre su quella orientale sembra arrivare fino a Kigoma. Nella parte meridionale del lago (sud Tanzania, Sud Congo, Zambia) invece è presente C. gibberosa. Le diverse popolazioni di questa specie (Mtoto, Moliro, Cape Chaitika, Mpulungu, Mpimbwe per citarne alcune) mostrano solo sei bande e la fascia blu tra gli occhi. Tutto chiaro? Per confondere le acque, Büscher riporta di aver fotografato un animale a Kibije, a 18 Km a sud di Kabimba sulla costa occidentale in Congo (da non confondersi con Kambwimba sulla costa orientale e in tutt’altro stato) che per zona di ritrovamento potrebbe essere classificato come C. frontosa, ma che riportava tre scaglie. Il mistero continua.
Ringraziamenti
Vorrei ringraziare Michael Näf che mi ha fornito la traduzione inglese dell’articolo di Heinz Büscher, Anton Lamboj per i sempre arricchenti scambi di opinioni, Tetsumi Takahashi e tutti i tassonomi che hanno partecipato alla discussione riguardante l’uso degli individui non-tipo nella descrizione scientifica di una nuova specie.
Livio Leoni
Bibliografia
Büscher H. H. 2004. New taxa with cichlids. Cyphotilapia gibberosa Takahashi & Nakaya, 2003. DCG-Informationen 35 (titolo tradotto dal tedesco).
Boulenger G. A. 1906. Fourth contribution to the ichthyology of Lake Tanganyika. Report on the collection of fishes made by Dr. W.A. Cunnington during the third Tanganyika expedition, 1904–1905. Trans Zool Soc Lond 17:537–576, pl 30–41.
Konings A. 1998. Tanganyika Cichlids in their natural habitat. Cichlid Press.
Takahashi T., Nakaya K. 2003. New Species of Cyphotilapia (Perciformes: Cichlidae) from Lake Tanganyika. Copeia, 4: 824-832.