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Laggiù nel Paese dei Ciclidi ...

Ciao,

Siamo ancora al Kruger, spendo due parole di "spiega":

Il Kruger National Park (in afrikaans Nasionale Krugerwildtuin) è la più grande riserva naturale del Sudafrica. Si estende – non è proprio un “fazzoletto di terra”! - su di un'area di circa 20.000 km², con un'estensione di 350 km da nord a sud e 67 km da est a ovest. Copre le due province sudafricane di Mpumalanga e Limpopo; a nord lo Zimbabwe, ad est il Mozambico.

Il Kruger è elemento fondamentale del “Parco Transfrontaliero del Grande Limpopo”, che accomuna il Parco Nazionale di “Gonarezhou” (Zimbabwe) ed il “Parco nazionale del Limpopo” (Mozambico). Viene gestito dalla Kruger to Canyons Biosphere (Biosfera dal Kruger ai Canyon), una zona designata dall'UNESCO come "riserva internazionale dell'uomo e della biosfera".


Come molte parti dell’Africa il Kruger soffre la piaga del bracconaggio, per tale ragione (i motivi sono evidenti) sono proibiti i voli (amatoriali) dei droni, con mio grande scorno. Inoltre ci è stato chiesto, mi atterrò strettamente alla disposizione ricevuta, di non postare/veicolare/diffondere in alcun modo immagini e/o video di rinoceronti al fine di non fornire ai malintenzionati preziose indicazioni su dove questi animali si trovino.



Noi ci siamo mossi nella zona lungo il confine (Mozambico), facendo base allo Shishangeni Lodge. Detto che al Kruger è possibile incontrare di tutto e di più passo, nuovamente e brevemente, alle immagini:



01 Un’ombra furtiva scivola nella notte, lo scattp non è perfetto ma piuttosto che niente … .
02 Al levarsi del solo la nebbia è un evento abbastanza usuale (anche in questa fare, non caldissima della stagione)
03 … Sgrat! Sgratt!! Sgrattt!!!
04 Un piccolo “parasite remover” (Bufaga, Buphagus africanus) all’opera. Le sue prestazioni sono ricercatissime.
05 Breakfast time
06 Un Kudu ci guarda assorto … e questi (noi) chi sono?
07 Un’altra storia, purtroppo … è finita male.
08 Un bucero a becco giallo (Tockus leucomelas) si scalda al sole
09 Una cicogna dal coloratissimo becco vola sul fiume (sto cercando di identificarla, purtroppo è lontana)
10 GAME OVER!!!

Saluti dal bush.
Francesco


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Ciao,

Non so. Ricordo che la guida pronunciò un nome ... "impronunciabile".

Potrebbe quindi essere, anche se il Senegal è lontano e affaccia in Atlantico. Senza dimenticare lo sbarramento costituito dalla "Dorsale del Cameroon" che, per altre specie, costituisce un limite (quasi) invalicabile. Però gli uccelli volano ...

Ornitologica saluti.
Francesco
 
Ciao,

Quando ero il CdA domandai ad un biologo con cui ero in contatto perché molti animali fossero classificati come "XXX senegalensis".

La semplice, e tutto sommato inoppugnabile una volta ascoltata, risposta fu: "perché i francesi scendevano dal nord ...". Sia il Senegal che la CdA sono "sopra" l'equazione ma, geograficamente, il Senegal è più a settentrione.

Nello specifico, però, questa cicogna viene attrribuita a George K. Shaw (botanico e biologo inglese).

Tassonomici i ed insonni (ore 03,53 del mattino).
Francesco
 
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Ciao,

Il viaggio continua ... ... ... :104:.

Lasciamo (dopo un ultimo game-drive il Kruger e puntiamo - attraverseremo ESwatini - verso il mare (Oceano Pacifico):

ESwatini (già Swaziland) un paese – intesa una “nazione” – piccolissimo quasi completamente inserito all’interno del Sud Africa, quindi senza accesso al mare, è la via più breve per raggiungere St. Lucia l’altro obiettivo fondamentale del nostro viaggio. Il programma originale ne prevedeva il rapido attraversamento ma, all’atto pratico, per le solite mutevoli circostanze tipiche dell’Africa vi abbiamo dovuto soggiornare una notte dedicandogli, quindi, due intere giornate. Tutto sommato ne è valsa la pena.

Ma cos’è ESwatini? Su una superficie di 17.363 chilometri quadrati vivono circa 1.100.000 persone (di etnia Swazi., lo stesso degli Zulu e degli Ndebele). Al vertice dello stato (monarchia assoluta) sta il re (Mswati III) che, oltre a essere la suprema autorità politica, amministrativa e giurisdizionale, ha funzione anche di sommo sacerdote.

Il PIL pro capite di 5.719 pone ESwatini sopra la media africana e il paese presenta una economia sufficientemente diversificata. Nel settore agricolo vige una sorta di regime “comunitario” ed i prodotti della terra vengono distribuiti secondo le decisioni dei capitribù. La quota gestita, dalle grandi proprietà terriere, è impiega, invece, in attività “monoculturali” quali canna da zucchero o mais: esse sono gestite con metodi molto avanzati e professionali. L'estrazione mineraria (esauritesi le miniere di ferro) produce amianto, diamanti e carbone. Altra importante forma di reddito – vedi la nostra avventura - è il turismo. Il Sudafrica è il maggior partner commerciale, le eccezioni sono poche (Giappone e Regno Unito in primis). Le voci sulla reale condizione economica, sociale e politica di ESwatini sono molto difformi ed alcune poco incoraggianti ma non è questa la sede per affrontare l’argomento.

Finita la lezione di “geografia/economica” torniamo, che è meglio, alle nostre modeste cose … lungo la via saltiamo a piè pari la capitale e – sempre percorrendo strade spesso contornate da foreste destinate a produrre “legna da taglio” ad uso commerciale – puntiamo Mlilwane una “sanctuary” (ovvero un parco naturale nel quale non essendo presenti predatori vengono riprodotte specie a rischio con limitatissime perdite numeriche: quando la popolazione si fa troppo fitta, le eccedenze vengono “dirottate” verso altri parchi nazionali e non. In questo ambito spicca la posizione della “Antilope Roan”, ne riparleremo.

  • 0) Gli uffici di ingresso al parco hanno la foggia dei Rondavel (abitazioni tradizionali del luogo, originariamente erano senza finestre).
  • 1) questo fuoco brucia (come dice la spiegazione) da 50 anni
  • 2) Il fuoco
  • 3) Quando è freddo è freddo: Leonardo e quattro giovani facoceri si scaldano allo stesso fuoco
  • 4) L’interno (addomesticato …) del Rondavel dove abbiamo dormito
  • 5) Sul campo: la “Blue Crane” (in tutta l’Africa meridionale è in crisi) è presente in discreto numero. È “l’uccello nazionale” del Sud Africa
  • 6) Sul campo: un airone pattuglia il fiume
  • 7) Sul campo: non ci saranno predatori ma i soggetti come quello in foto sono (anche in base a mie precedenti esperienze) trattati con troppa confidenza. Stanno li … e la gente va a fotografarli (benedetto telefonino) da dieci metri di distanza
  • 8) Sul campo: il piccolo “Malachite Kingfisher” se ne sta, appollaiato su un giunco, alla larga, saggiamente.
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Dimenticavo … in eSwatini ho contato 67 primavere, AUGURI VECCHIO!!!

Francesco
 
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Ciao,

Due brevi parole, per finire, sul "Roan", come è - gergalmente - noto:

L'antilope roana (Hippotragus equinus) è presente in Africa occidentale, centrale e meridionale, prende il nome dal colore del pelo (appunto roano, una sorta di marrone rossastro). È una delle più grandi antilopi africane con i maschi che arrivano anche 300 chili.

L'antilope roana appartiene al genere Hippotragus, a sua volta riconducibile alla famiglia Bovidae. Fu descritta per la prima volta dal naturalista francese Étienne Geoffroy Saint-Hilaire nel 1803.

  • A) Sul campo: questa è, per l’appunto l’antilope, detto all'inglese, “Roan”. Si tratta del maschio dominante le cui possenti corna sono state “addomesticate” applicando dei robusti tubi in lastica per attutirne la forza d’urto …
  • B) Sul campo: un maschio sub-adulto: la protesi applicata al capobranco gli consente di crescere (relativamente) tranquillo poi, quando sarà completamente sviluppato, verrà “migrato” altrove.
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E anche per eSwatini (la grafia è incerta, secondo alcuni è ESwatini) è tutto. Si prepara l'ultima tappa, St. Lucia la più lunga e, per certi, versi la più interessante!

Francesco
 
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Ciao,

Il bush è terra di leggende, quella che segue è una di esse ...

IL TERRIBILE CRIMINE DI KADIMA LA LEPRE.

Narra una leggenda del popolo Hambakushu (che vive in Botswana, nella zona del Delta dell’Okavango) che un giorno Kadima la lepre strinse un patto con Nthoo, femmina di leopardo con tre cuccioli.

In cambio della loro custodia – mentre la madre era a caccia – Kadima riceveva una porzione di cibo che “the leopardess” riportava al rientro. L’accordo funzionò a lungo sinché, un giorno, una terribile siccità si abbatté sulla zona. Gli animali che Nthoo cacciava migrarono altrove in cerca di acqua, i tempi si fecero difficili per Nthoo, i suoi tre cuccioli e per Kadima. Sempre più spesso Nthoo tornava senza bottino dalla caccia e tutti, in breve, si trovarono alla fame.

Infine un giorno, al rientro a casa, Nthoo trovò Kadima intenta a mangiare e le domandò dove avesse trovato cibo mentre lei, la miglior cacciatrice del bush, non ne era stata capace. Kadima replicò che un duiker (la più piccola delle antilopi africane) era passata da quelle parti e lei era riuscita ad ucciderla. In realtà Kadima stava mangiando uno dei tre cuccioli! Il giorno dopo, mentre Nhtoo era impegnata in quella caccia da cui sarebbe nuovamente tornata a mani vuote, Kadima uccise, e mangiò, il secondo cucciolo.

Al rientro Nthoo chiese a Kadima di portarle i cuccioli perché potesse prendersene cura. A quel punto l’astuta Kadima le portò l’ultimo cucciolo rimasto per tre volte di seguito in modo da ingannare Nthoo facendole credere che tutti i cuccioli fossero vivi e vegeti.

La mattina successiva dopo la partenza di Nthoo per la caccia Kadima venne ancora assalita dai morsi della fame ed uccise – e mangiò – l’ultimo cucciolo. Per mascherare il misfatto Kadima sparse finte impronte per la tana, spezzo rami e mise tutto a soqquadro in modo da far credere ci fosse stata una grossa battaglia. Poi andò alla fonte, ormai asciutta, e si sporcò con dell’ocra rosa. Al rientro di Nthoo si presentò a lei dicendo che c’era stata una terribile sciagura e che i cuccioli erano stai uccisi dagli uomini che, poi, le avevano portati via per nutrirsene. Aveva cercato di difenderli ma era stato tutto inutile e, nella lotta, era stata anche gravemente ferita come mostrava la sua pelliccia macchiata di rosso.

Povera Nthoo!!! I suoi ruggiti misti di rabbia e dolore salivano al cielo. Furibonda si diresse verso il più vicino kraal (in Afrikaans sta per recinto per custodire il bestiame) decisa a vendicarsi. Si apprestava, quindi, a balzare un gruppo di ignari ragazzini quando una forte voce la chiamò dalla cima di un albero: “Nthoo!”. Era la l’uccello-spia del bush (go-away bird), che la chiamava, ancora la chiamava: “Nthoo! È Kadima la cattiva creatura che ha ucciso i tuoi cuccioli, non la gente del villaggio”. Furiosa Nthoo ritornò indietro a cercare Kadima che però, avendo udito l’uccello-spia, era fuggita terrorizzata. Nthoo non riuscì mai a catturare Kadima ma la sta ancora cercando, ecco perché, secondo le leggende degli Hambakushu, il leopardo caccia da solo, silenzioso e solitario, mentre le lepri fuggono veloci, senza mai guardarsi alle spalle, se prese di soprassalto.

Saluti favoleschi.
Francesco
 
Ciao,

E vediamo - brevemente e passo/passo - come è andata a St. Lucia:

La sosta a St. Lucia (piccola, vagamente in stile americano ed affacciata sull’Oceano indiano) è stata la più lunga del nostro breve excursus sud-africano. Intorno a St. Lucia “gravitano” tre parchi nazionali: Hluhluwe, la riserva più vecchia del paese a suo tempo, come ricorda una targa apposta all’ingresso, inaugurata da Nelson Mandela stesso. (il nome Madiba con cui è “africanamente” conosciuto era il nomignolo con cui era chiamato dalla sua gente, un popolo di etnia Xsoha), a seguire Infolozi ed iSimangaliso. Attualmente i primi due sono accorpati in una struttura che riporta i due nome (appunto Hluhluwe-Infolozi Park), mentre il terzo è noto come iSimangaliso Wetland Park.

Descrivere – in dettaglio – questo complesso, e fortemente interconnesso, ambiente è compito al di sopra delle mie forze e, forse, non del tutto pertinente a questa (spero interessante) chiacchierata fra amici. Mi limito a ricordare che iSimagaliso – ovvero l’estuario del fiume St. Lucia che da il nome alla intiera zona, è una delle più grandi (e forse la più grande) zone paludose/salmastre/costiere di tutta l’Africa.

In zona sono presenti, parlando succintamente, diversi “ambienti” tutti caratterizzati da dimensioni significative: la zona marina vera e propria caratterizzata da una forte corrente, che scende dal canale del Mozambico. Questa circostanza fa sì che le balene – principalmente Humpback whales o, meglio, Megaptera novangliae - che risalgono da sud dove sono andate a partorire passino vicinissime alla costa e siano facilmente osservabili anche da terra. La zona costiera/salmastra caratterizzata da diversi livelli salinità in funzione delle maree e della portata d’acqua dell’estuario del fiume St. Lucia che è frequentata da coccodrilli, ippopotami e, alle volte, da squali in grado si sopportare un gradiente di salinità minore (ma anche nullo) rispetto al mare. All’interno, e nei rilievi della zona, sono presenti zone di savana contraddistinte da differenti livelli di aridità e/o vegetazione arbustiva/arborea.

Introduttivi saluti.
Francesco
 
Ciao,

WHALE WATCHING: come detto sono, per la più parte, Humpback whales (benedetti sempre siano i nomi comuni inglesi) cioè, per meglio dirla con Linneo, Megaptera novangliae. Poiché la mia ignoranza in fatto di cetacei è inferiore solo a quella in fatto di ciclidi (!!!) passo – senza altro aggiungere - alle immagini:

  • 01 – Avvistamento dalla riva (distanza stimata, dalla guida, circa 2/3 miglia marine).
  • 02 – Stante la distanza il mio obiettivo (400 mm) fa quello che può comunque, punto fondamentale, CI SONO!!! Troppe volte nella mia “seconda vita” (istruttore subacqueo con oltre 500 immersioni registrate) ho visitato posti in cui mi era stato promesso l’avvistamento dell’ottava meraviglia del mondo. Poi all’atto pratico …
  • 03 – Mattina successiva (presto, molto presto), si va. La particolare conformazione della costa priva di qualsiasi riparo/ridosso per chilometri e chilometri rende ingresso in acqua uno dei momenti topici della “missione”.
  • 04 – Briefing pre-partenza.
  • 05 – La nostra unità gemella naviga al fianco, abbiamo preso il largo: la poderosa motorizzazione (2 motori fuoribordo per, complessivi, 500 HP) serve per valicare – saltandoci letteralmente sopra – la “linea dei frangenti”: dura pochissimo ma la “shakerata” è robusta. Appena oltre si sta meglio …
  • 06 – Avvistamento ravvicinato. Purtroppo nessuna opportunità di vederle saltare o, come si dice a Roma, fare "capoccella" fuori dall’acqua per guardarsi intorno. Vedi prime due foto.
  • 07 – Una coda che si muove sinuosamente mostra (con un po' di immaginazione) uno dei colossi presenti che punta il fondo.
  • 08 – Altro momento topico. Al rientro la “linea dei frangenti” muove a favore quindi il pilota attende l’onda "giusta" e la cavalca (letteralmente, in questa fare i motori danno il meglio di loro. 500 Hp, se messi alla frusta, producono una spinta "significativa") puntando la battigia e cercando di arrivare il più su possibile(zona asciutta). La pendenza della spiaggia è però minima di conseguenza l’approccio è molto coreografico ma di impatto non eccessivo.
  • 09 – Un poderoso trattore viene a caricare, con l’aiuto di una grossa gru, la barca su un rimorchio e riporta tutti (barca medesima, equipaggio e turisti) in zona tranquilla ed è … GAME OVER!!!
Saluti dal Capitano Achab. :104:
Francesco.


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Ciao,

Due parole su: St Lucia, situata ()distretto di Umkhanyakude) nella provincia del KwaZulu-Natal, affaccia sull’Oceano Indiano ed è – sostanzialmente e benché in maniera molto diversa da ciò cui noi siano abituati – una cittadina balneare che , vive, nella quasi totalità di turismo fruttando le notevoli possibilità offerte dalla zona. Piccolissima nelle sue dimensioni ospita(va) – dati del censimento 2011 – 1.104 residenti. È probabile che la situazione sia cambiata (ed il numero di abitanti stabili aumentato) ma permane l’impressione di un abitato “piccolo e pigro” che se ne sta bel bello steso lungo le spiagge dell’oceano.

Tra le ”attrazioni” di St. Lucia va annoverata la ventura di incontrare, nelle ore notturne meglio se avanzate (ne sono presenti circa 800) gli ippopotami che pattugliano le strade spesso “assaltando” i banchi di una sorta di mercatino ad uso turistico dove, fra l'altro, fanno bella mostra di loro tanti tipi di frutta tropicale. NON si registrano, a quanto è dato di sapere, incontri particolarmente: basta lasciarli fare ... ma il consiglio è quello di evitare gli angoli più scuri e, in caso di incontro, portarsi lentamente sul limitare opposto della strada. A non è capitato di incontrarli una coppia di turisti italiani conosciuta in loco ne ha visti cinque – … tutto quanto fa spettacolo! – dalla terrazza del ristorante dove cenavano che, astutamente, affaccia una delle zone di (loro) maggiore frequentazione.

Il “cuore pulsante” di St. Lucia è – si percorre arrivando – Mc Kenzie St. (sulla cartina il nome è sbagliato): tutti i ristoranti, negozietti per turisti, supermercato (uno), benzinaio (uno) e via compitando si affacciano li. I resort e le “home-stay” sono ubicati nelle vie adiacenti, lo stesso vale per le abitazioni private. Foto:

  • Mappa di St. Lucia (immagine dalla rete)
  • 1/2 lungo Mc Kenzie St.
  • 3 Il giardino su cui affacciava il nostro alloggio
  • 4 Anche qui si fa rifornimento, l'importante è trovare il "succo"!!!
  • 5 segnaletica stradale, OKKIO A DOVE METTETE I PIEDI!!!
  • 6 Tramonto dalla veranda, un'latro giorno se ne va ...
Francesco

St. Lucia - city map.jpg 1_St. Lucia.jpg 2_St. Lucia.jpg 4_Benzinaio.jpg 5_Segnaletica stradale.jpg 6_Tramonto dalla veranda.jpg
 
Ciao,

Proseguiamo nell'esplorazione ...

LA ZONA COSTIERA/SALMASTRA ... è, forse, la più difficile da “inquadrare”: infatti ci sono zone a salinità variabile, zone sabbiose con una vegetazione che potrebbe far venire in mente la “macchia mediterranea”, ci sono zone di acqua completamente dolce e c’è – sopra ogni cosa – grande mutabilità ambientale. Durante la nostra breve permanenza ho appreso come il “giro dell’acqua” stava ritornando alla sua configurazione primigenia dopo alcuni anni in cui le mutate condizioni avevano apportato significativi cambiamenti all’ambiente. Su tutti il proliferare – avendo bisogno di acqua tendenzialmente dolce – della canna palustre. Le modifiche alla configurazione dell’estuario con limitazione in risalita di acqua salata (e conseguente abbassamento del livello di salinità vuoi in percentuale che in variazione) ne aveva aumentato l’invasività. L’aspetto positivo della vicenda è (o sembra essere, per le informazioni che ho raccolto) che sia il cambiamento, occorso a suo tempo, che il ritorno allo status quo ante, che è/dovrebbe essere in corso, NON sono imputabili all’intervento umano che pure, qui come altrove, di disastri ne combina a iosa. Insomma Madre Natura “fa” e “disfa” …

  • Foto 1&2: le spiagge e le dune costiere di St. Lucia
  • Foto 3, 4, 5: fra le dune si nascondono gli uccelli marini, specie quando – come oggi - il vento è forte. In foto tre sono è ripreso, più da vicino, lo stormo che si intravede (sono i puntini bianche vicino alla lingua di sabbia dove frange l’onda) in foto 1, ritengo siano sterne. In questa zona, nelle fasi di marea alta, incrociano/risalgono l’estuario anche gli squali: più volte è stato avvistato il Carcharhinus leucas. (localmente noto come Zambesi Shark), a noi non è successo.
Dove la salinità decresce si incontrano gli uccelli palustri (e non solo loro),

  • Foto 6: Martin pescatore (Corythornis cristatus/Malachite Kingfisher)
  • Foto 7: Martin pescatore (Ceryle rudis/Peid Kingfisher)
  • Foto 8: L’uccello serpente, osservare la foggia del collo (Snake bird o Darter/Anhinga anhinga)
  • Foto 9: Soggetti mooolto lunatici (e pericolosi), in Africa muore più gente per attacchi di ripotami che di leoni. Altro che la pubblicità di quella marca di pannolini … o forse sì? In certe condizioni c’è da cac*rsi sotto. Esperienza anche personale …
  • Foto 10: un dettaglio che la dice lunga sulla ricchezza del sottosuolo sudafricano, NON è limatura di ferro (anche se lo sembra) ma polvere di titanio!

Francesco.


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Ciao,

L’ESTUARIO DEL FIUME ST. LUCIA ED I PARCHI DELL’INTERNO: Sono, tutto sommato, le parti "meno inusuali” di tutta la zona: acqua fresca in abbondanza, ferma (quella preferita dagli uccelli palustri) ed in lento movimento (dove impazzano gli ippopotami, sono segnalati coccodrilli ma non li abbiamo veduti) e zone di savana più o meno arboricola (con vegetazione variabile in ragione dell’altezza). Si fanno incontri comunque interessanti tra cui, in notturna, un rinoceronte intento a brucare dal quale, al termine di un lungo è prudente avvicinamento, saremo stati distanti, forse, 15 metri, l’impressione era quella di poterlo toccare, quasi. Sono immagini, sotto la luna africana e canaglia, di una bellezza rara, peccato non poterle condividere per non dare – a coloro che tale bellezza non sanno apprezzare – una traccia importante.

In mattinata abbiamo incontrato un cucciolo solitario (ebbene si!) la cui età è stata, dalla guida, stimata in settimane … un simile stato di cose lascia pensare all’uccisione della madre ed all’abbandono al suo (triste) destino del piccolo. Questa è l’Africa “amara” che non mi piace … per non lasciare appunto tracce passo, senza altri dettagli, alle immagini:

  • Hill Top Safari Lodge è posizionato su una delle zone più altre dei parchi.
  • Non stiamo parlando di altezze stratosferiche ma la vista, che spazia su un bush apparentemente infinito, è notevole.
  • Quando un soggetto simile ti guarda da vicino occorre usare circospezione: i bufali cafri hanno una forza che temono anche i leoni.
  • Questa femmina di nyala è invece un contatto decisamente più rilassante: bruca tranquilla sul limitare di una zona di acquitrino e si limita ad osservare curiosa.
  • Scendendo verso valle (la parte diurna del game-drive va a finire …) si costeggiano posti meravigliosi come Catalina Bay.
  • Una sosta ristoratrice, nel buio nero/nero del bush, è sempre benvenuta: caffe, thè o cioccolata “corretti” all’Amarula sono un prezioso conforto (di notte in Africa è freddo, alle volte molto freddo)
  • Grandi visitatori vengono a curiosare
  • Cercando bene, però, si scoprono anche i “piccoletti” (Chamaeleo dilepis/Flap-necked Chameleon), e chissà quanti altri non si sono palesati …

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Ultima menzione, per gli appassionati di mare e di subacquea ma non solo, St. Lucia è una delle “Capitali Mondiali” del Celacanto, un pesce preistorico dalla biologia estremante particolare (a partire dagli areali che frequenta) che è stato rinvenuto nel tratto di mare che è, grossolanamente, compreso fra la costa sud-africana/mozambicana, le isole Comore, ed il Madagascar. (successivamente ne è stata identificata una ulteriore specie nelle zone intorno a Sulawesi).

Non si parla (per noi subacquei amatoriali) di poter fare osservazioni dal vivo. La sommaria cartina che ne segnala la presenza nella zona del Leven Canyon indica anche trattarsi di una linea batimetrica situata a 500 metri (!!!) di profondità. Roba, insomma, per veri esperti disposti anche ad assumersi rischi significativi. Nelle immersioni di studio – pur a quote molto meno “esagerate” – c’è stata almeno una sciagura.
 

Allegati

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Ciao,

Siamo in chiusura da St. Lucia a Pretoria è un tappone di 800 km su strade a tratti malmesse, con un occhio alla disponibilità di carburante (non stringente come in altre occasioni ma fare attenzione non fa male, ci sono almeno 400/450 K da percorrere con vere difficoltà di rifornimento: Better safe than sorry!), con cartelli (con annesso invito a non fermarsi per alcun motivo) indicanti le non rare “Crime Alert Zone”, con pranzo in uno “raffazzonato” fast-food e chi più ne ha …

Comunque dopo una giornata (condivisa da Stefania e me) di guida siamo arrivati al traguardo senza problemi. IT’S, AGAIN, GAME OVER!!!

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Chiudo con selfie che inquadra il Dream Team: “Ranger Ale” (la nostra guida, la prima da sinistra) ed il “Trio delle Meraviglie” (il sottoscritto, Stefania e mio figlio Leonardo) a seguire.

Saluti itineranti (ormai conclusi).
Francesco
 
Ciao,

Siamo in chiusura da St. Lucia a Pretoria è un tappone di 800 km su strade a tratti malmesse

Ciao, non so se ti è capitato di vedere nelle pozze semiaciutte di Isimangaliso gli Oreochromis mossambicus che "corrono" fuori dall'acqua per evitare i clarias che si dispongono in modo da formare una barriera di bocche che sembra una rete. Sono letteralmente tutti fuori dall'acqua e lasciano immersa solo la parte finale della coda inferiore agitandola freneticamente. In questo modo riescono a scappare anche da alcuni aironi o altri predatori con le ali, disorientando anche le aquile pescatrici. Il loro correre sull'acqua mi ricorda un po' i basilischi in messico e la loro velocità. Altra cosa che mi ricorderò sempre di quella zona sono le scimmie (Chlorocebus pyrgerythrus) che sulla N2 verso Pongola/Ermelo aspettano ai lati della strada che cadano pezzi di canna da zucchero dai camion e poi appena possono se li vanno a prendere riuscendo a calcolare perfettamente la velocità delle macchine in arrivo (non so se hai visto molti sfrecciare a 140/150. Incredibile come riescano a non essere investite.


Ciao Enrico
 

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