Laggiù nel Paese dei Ciclidi ...

Ciao,

Sta cominciando (in verità oggi non sembra proprio ...) la stagione calda, dovremmo essere in una primavera avanzata. Dovremmo ...

In questa stagione - primavera/estate - gli ormoni (dei selvatici ma immagino non solo ... :104:) si rimettono in movimento. Cominciano, inoltre, le piogge: è' uno dei momenti migliori per frequentare le Game Reserve, non c'è più il brullo paesaggio della stagione secca ma l'erba non è ancora cresciuta al punto da nascondere gli animali.

Durante questo periodo, i maschi saranno impegnati in dimostrazioni di potenza e aggressività mentre competono tra loro. Il loro comportamento, in tali frangenti, può diventare altamente imprevedibile e persino pericoloso. Esempio: un Kudu (Tragelaphus strepsiceros), un maschio adulto può arrivare, con una altezza al garrese di quasi un metro e mezzo, al peso di trecento chili.​

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Kudu: la foto è stata scattata davanti a casa di amici. Questo maschio è, evidentemente, uso a muoversi in zone fortemente antropizzate ma tutto ciò non autorizza ad escludere la possibilità di sue reazioni improvvise e potenzialmente pericolose.


QUATTRO regole fondamentali da rispettare, più che mai nella stagione riproduttiva, muovendosi sul campo, in presenza di selvatici:
  • Mantenere le distanze. Sono, anche usi alla presenza umana, animali selvatici: è consigliabile mantenere una distanza minima di 50 metri, da incrementare a 100 metri se si stanno attivamente accoppiando. I maschi possono caricare (e lo fanno) indifferentemente esseri umani o altri animali, per mostrare la loro forza, il dominio sulle femmine, il controllo del territorio, rendendosi quindi pericolosi se disturbati.​
  • Usare un buon binocolo per osservare da una distanza di sicurezza è prassi da consigliare.
  • Tenere i cani al guinzaglio. Come regola generale NESSUN cane è ammesso nelle zone di riserva/tutela. Ma qualora ciò debba accadere i cani vanno tassativamente tenuti al guinzaglio. La presenza di un cane in presenza di un maschio impegnato in dispute riproduttive, di corteggiamento o di effettivo accoppiamento potrebbe aumentarne l’aggressività.​
  • Evitare di intervenire/interagire/affollarsi attorno agli animali. Evitate di interagire, in qualsiasi modo, con animali in accoppiamento. Non avvicinatevi in gruppi troppo folti, lasciate sempre loro aperta una “via di fuga” che li faccia sentire tranquilli. I fotografi eviteranno di accostarsi troppo alla ricerca dello “scatto perfetto” e rispetteranno la regola, già vista, dei 50-100 metri.​
  • Personalmente uso un obiettivo da 400 mm. Se, a ragione, ne temete il peso è possibile optare per un’ottica più “corta” (un 200 mm è più leggero e meglio maneggiabile), spesso lo faccio anch’io.
  • Prestare attenzione ai segnali di avvertimento: se un selvatico si avvicina eccessivamente, si muove nervosamente, sembra assumere atteggiamenti minacciosi è opportuno indietreggiare lentamente e con calma. NON correre, NON gridare, NON agitare le braccia. Tali comportamenti potrebbero essere interpretati come provocatori e far aumentare la sua intraprendenza e/o aggressività.​

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Maschio di Nyala (Tragelaphus angasii), foto in ambiente.


È possibile muoversi in sicurezza sul terreno anche in zone con presenza di grandi carnivori ed altri selvatici … “esagerati” ma in tal caso è opportuno affidarsi ad una guida professionista, di provata esperienza e che conosca bene l’ambiente in cui ci si muoverà, rispettandone alla lettera le disposizioni. In simili circostanze iniziative avventate o distrazioni possono costare molto care.

Francesco

 
Ciao,

Il primo passo è fatto! :104:

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Per onore di esposizione il primo passo è stato facile! Diciamo pure che il contenuto è abbastanza "leggero", in certo qual modo è - specie in alcuni passaggi - la saga delle ovvietà, però ...

Ogni lungo viaggio inizia con un primo passo (Lao Tzu).

Adesso sono in attesa di accettazione dell'iscrizione al secondo corso ("identificazione" in dettaglio, ancora on-line) cui seguirà il terzo (sempre on-line, "gestione dell'emergenza": il morso!). Mi aspetto siano più impegnativi.

Poi (Val più la pratica della grammatica) ci sarà la ciliegina sulla torta. Quella cui aspiro arrivare!

I corsi "live/dal vivo"; riconoscimento, manipolazione, gestione dell'incidente. Il tutto con l'uso con le attrezzature, in primo luogo i "ganci", tipiche di questa attività.

Insomma qualcosa come quelli in foto.

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Hanno, fondamentalmente, la funzione di tenere le "canaglie" a distanza di sicurezza. Ricordo di aver visto (ad Abidjan) un erpetologo all'opera con tali strumenti (e con la mascherina sul viso poichè stava maneggiando uno "sputatore"): ... seeeeeeembra(va) facile!!!

Spero di riuscire a concludere tutto nei tempi (abbastanza stringati) imposti dall'organizzazione.

Erpetologici saluti.
Francesco

ADD-ON: sono, direi ovviamente, corsi in lingua inglese (immagino che siano anche corsi che utilizzano un inglese molto "serpentesco", leggi tecnico). Spero di essere all'altezza: non è ne il momento ne il luogo per "capire fischi per fiaschi".
 
Ciao,

Due paroline striminzite di benvenuto. Quattro parole sui "Garden Snake" (quelli NON pericolosi), poi senza tanti complimenti ...

... BUONGIORNO!!! emoticons-allegre-06 emoticons-allegre-06 emoticons-allegre-06

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Si comincia - quello in foto è un Mamba nero - a fare sul serio.

Francesco
 
Ciao,

Il campo di internamento di Zonderwater era un campo di internamento britannico (vicino a Cullinan nella, allora, Unione Sud-Africana oggi Sud Africa) dove, tra il 1941 ed il 1947 furono reclusi oltre 100.000 prigionieri di guerra italiani (P.O.W - Prisoner Of War) provenienti dai settori bellici dell’Africa Orientale Italiana e del Nord Africa.

Il campo venne aperto nel 1941 facendo seguito alla disponibilità offerta agli Alleati dall'allora Primo ministro Jan Smuts di, appunto, ospitare una simile struttura.

Dopo un inizio “burrascoso” (fatto, tra l’altro, di comportamenti "profondamente scorretti” nei confronti degli internati) al comando del campo venne posto il colonnello Hendrik Fredrik Prinsloo (C.B.E.) che comandò la struttura dal 1943 al 1947. Avendo vissuto, in anni di gioventù, l’esperienza della prigionia (durante la seconda guerra anglo-boera) diede alla gestione del campo di Zonderwater (o Sonderwater in Afrikaans, letteralmente significa: “Senza Acqua”) un taglio differente da quello usuale di strutture simili:

i prigionieri furono stimolati ad occuparsi in svariate attività, con le quali impiegare proficuamente il loro tempo. Le strutture presenti vennero migliorate e nuovi edifici vennero eretti. Venne quindi costruita una biblioteca con 10.000 volumi e una scuola grazie all'opera di numerosi internati resisi volontari. L'analfabetismo tra i prigionieri ivi detenuti subì un vistoso calo dal 30% al 2%.

Il campo era diviso in 14 unità, e ognuna di queste era progettata per alloggiare 8.000 uomini. Ogni unità era ulteriormente suddivisa in quattro campi, ognuno con una capacità di circa 2.000 uomini. C'erano un campo di transito e un'azienda di disinfestazione. Il campo di Zonderwater possedeva un ospedale militare con circa 1600 posti letto che, a quel tempo, era considerato uno dei più grandi ospedali mai costruiti del Sud Africa. Il campo poteva essere paragonato ad una piccola città, e possedeva più di 24 miglia di strade. Quattromila persone lavoravano per rifornire il campo e i detenuti.

La maggior parte dei prigionieri erano impiegati in posti di lavoro nell'agricoltura, comprese le attività nelle fattorie, ma gli italiani ebbero a contribuire alla realizzazione di una serie di progetti civili.

Il campo chiuderà nel gennaio 1947. Nel periodo tra l'apertura e la chiusura 828 prigionieri italiani - tra coloro che, liberamente, scelsero di collaborare - chiesero ed ottennero la cittadinanza sudafricana. Per 252 degli internati il rientro in Patria non ebbe luogo ed adesso riposano nel cimitero all’interno del campo stesso.

Ogni prima domenica di novembre la comunità italiana si riunisce, alla presenza delle autorità diplomatiche due paesi, per una breve cerimonia volta a tenere vivo il ricordo di quel piccolo lembo di Italia, che fu – ed ancora è - Zonderwater.

Entrare e trovarsi davanti a quelle tombe (non tutti ebbero la ventura di rientrare in Patria) mette addosso un magone sconfinato, difficile da descrivere e pesantissimo da sopportare. Il sorvolo di un elicottero che lascia cadere, sulla distesa di tombe, una pioggia di petali di rosa bianchi è toccante.


In riconoscimento del comportamento e dei risultati ottenuti durante la gestione di Zonderwater, il colonnello Prinsloo, ed i suoi tre più stretti collaboratori tra cui il capitano Ball, furono insigniti dell'Ordine della Stella d'Italia – oggi Commendatore dell’ordine della Stella d’Italia - dal Governo Italiano (del dopoguerra), con l'approvazione del Capo di Stato Maggiore della Difesa. Sua Santità il Papa ebbe, inoltre, a conferire al Colonnello Prinsloo la decorazione vaticana dell’Ordine di Bene Merito.


Pensosi saluti.
Francesco

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Ciao,

Anche il secondo passo è compiuto.

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Prossimo step: nozioni di Pronto Soccorso (in caso di morso ..... ?????).

Poi si andrà ... "live" ???.

Erpetologici saluti.
Francesco
 
Ciao,

Insomma ... diciamo gradicello!!! :emoticons-allegre-6:emoticons-allegre-6:emoticons-allegre-6.

Io, ciclidi in testa, non sono mai stato un genio dell'identikit, figurarsi di animali la cui caratteristiche ho appreso, per la più parte, on-line. Il materiale di studio è molto valido (a mio modesto parere) ma l'esperiernza che fai sul campo è insostituibile e incontrare simili "cattivi soggetti" dal vivo non è semplice.

Inoltre il problema delle "errate identificazioni" è da considerare con attenzione: prendere fischi per fiaschi può avere coinseguenze molto pesanti.

Ragione per cui - andrò ad iniziare a breve - la parte che ritengo potenzialmente più importante è il primo intervento "post-morso" (!!!) è la manipolazione (qui la chiamano "handling") dei serpenti.

Per stare (o cecaare di stare sul tranquillo) le regole - quelle che ho ricavato da quanto studiato - sono poche, ma chiare:

1) evitare i contatti a distanza ravvicinata. Tutti, quasi, i serpenti sfuggono l'uomo per cui, in caso di incontro, evitare "inseguimenti" senza ragione non può che far bene. Anzi arrestarsi immediatamente e retrocedere, in silenzio, senza gesticolare e lentissimamente.
2) muovendosi sul campo (che, per inciso può essere anche il giardino di casa o il prato di fronte alla stessa) indossare scarpe chiuse e pantaloni lunghi. Anche se poi in presenza di certe temperature ...
3) trovandosi a dovere, per forza di cose, gestire la presenza un serpente assumere (specie in assenza di certezze assolute) di trovarsi di fronte ad una specie potenzialmente pericolosa ed agire di conseguenza.
4) in Sud Africa ci sono persone che a livello, praticamente professionale, operano come "acchiappa-serpenti". RICORDARSENE SEMPRE!!!

Nell'Africa australe - quindi NON nel solo Sud Africa - sono presenti 174 specie di serpenti da quelli assolutamente innoqui ed "invisibili" (hanno la dimensione di un grosso lombrico e vivono, praticamente semper, interrati) a quelli, via via, più pericolosi. Se sono presenti ovunque anche da alte quote e/o in zone dove cade (o può cadere) la neve!!!
Il pinnacolo di tale "gerarchia criminale" :emoticons-allegre-6:emoticons-allegre-6:emoticons-allegre-6 è costituito dalla "Dozzina Mortale" (o come la chiamano qui The Deadly Dozen): due specie di Mamba, svariati cobra (sputatori o meno), Boomslang, Rinkhals, vipere, eccetera, eccetra, eccetera ...

A complicare la vita (specie per me che non sono sud-africano) si aggiunge la poca conoscenza (grazioso eufemismo) del paese dal punto di vista geografico: apprendere che il tale serpente abita la tale regione (e sin qui, più o meno) dal monte "tale", alla cittadina "di", costeggiando il basso corso (e solo quello) del fiume "talaltro" per me resta abbastanza lettera morta. Direi per forza di cose ...

Comunque ... ad maiora. Conto di iniziare il corso di pronto soccorso nel corso della prossima settimana. Poi sarà la volta del week-end erpetologico (che dovrebbe svolgersi in un Lodge "fuori mano") vero è propio, sul campo.

D tutto quanto sopra, dallo studio che sto intraprendendo, dalle informazioni che sto assumendo, spero di arrivare a conoscenze che mi permettano, nel caso di un incontro talmente ravvicinato da essere suggellato da un ... "bacio al veleno", di intervenire a ragion veduta.

Anche se spero, con tutto me stesso, di non dovermi mai trovare in tale situazione. Dierei ovviamente!!!

Erpetologici saluti
Francesco
 
Ciao,

La vita qui - so che vi sembrerà impossibile!!! - scorre noiosa. Per fortuna anche nell'angusto ambito del nostro giardino (il recupro di Stefania ... tarda! e con esso la possibilità di tornare, davvero, sul campo) si possono afre incontri interessanti.


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Si tratta di un Lybius torquatus (qui noto come Black-collared barbet o, volendo, Barbetto dal collare nero). NON è una rarità biologica ma non è neppure, un incontro frequentissimo.

Spero - visto che sembra gradire il nido artificiale, pur da sgrossare, fornitogli - continui a farci visita.

Francesco
 
Se qualcuno avesse ancora dubbi sul fatto che si tratti di un dinosauro, basta guardare la testa. ;)
Sembra piccolo, ma grintoso.
 
Ciao,

Voltare le spalle a Diana.

Questa è - per come mi è stata raccontata - la storia di una “conversione”.

La “conversione” – invero molto particolare – è quella di un mio amico (Claudio, italiano): vanta una lunga permanenza in Congo poi, dopo una serie di vicende molto dure, si è trasferito in Sud Africa, dove vive tuttora e dove ci siamo conosciuti. Ha una profonda conoscenza di molti ambienti selvatici, anche difformi fra di loro ed è, come molti da queste parti, un cacciatore provetto. Ma un giorno …

Era un pomeriggio dolce e caldo alla fattoria. John e Phineas erano appena andati via mentre io, in cucina, mi versavo una generosa dose di Campari Soda. Mentre lo sorseggiavo osservando le montagne Magaliesberg decisi che non ero ancora stanco al punto di dovermi sedere e rilassare.

Andai nella stanza delle armi, presi il mio Browning “A” 30.06 Springfield e lo caricai con tre cartucce “Federal” da 180 grammi (riporto questi dati “as is” perché la mia conoscenza di armi è prossima allo zero). lo armai, lo misi in spalla ed uscii assaporando il piacere sottile di camminare liberamente sull’erba della mia fattoria cui la pioggia aveva conferito un verde, brillante, colore. Osservavo l’orizzonte a 180 gradi aspettando di scorgere il bestiame al pascolo. In lontananza si andava colorando un meraviglioso tramonto.

Raggiunsi, infine, la parte più rocciosa della fattoria ed iniziai ad inerpicarmi. Circa 80 metri sopra di me vidi un corpo scuro seminascosto fra due rocce. Non sembrava avere la sagoma di un capo di bestiame. Accelerai il passo per vedere se fosse un animale del mio vicino che aveva sconfinato.

L’animale (mi aveva sentito?) smise di brucare ed alzò la testa.

Il profilo della testa, contornato da macchie bianche lo identificò, immediatamente, come un Blesbok (Damaliscus dorcas).

Si tratta di una specie, endemica del Sud Africa che, dopo aver subito un marcato declino negli anni 90 ha ripreso quota, nel numero di presenze, grazie a quello che è stato uno dei primi progetti di conservazione che hanno avuto luogo nel paese. È la seconda più veloce antilope d’Africa dopo il Tsessebe (Damaliscus lunatus).

Salii ancora, era a cento metri di distanza. Impugnai il fucile e lo inquadrai attraverso il mirino ottico Linx da 30 mm. Si spostò, fulmineamente, sulla destra. Mirai di nuovo: al torace. Premetti dolcemente il grilletto ed udii il rumore sommesso della pallottola che finiva il suo volo sull’animale. Si buttò sulla sinistra verso il canyon.

Ricaricai deciso a seguirlo, tenendomi sulla sua destra sparai di nuovo, mancai il colpo e la pallottola scheggiò una roccia di fronte a lui. Sentivo l’adrenalina crescere mentre cercavo di vederlo di nuovo. Nulla da fare, sembrava sparito!

Caricai l’ultima pallottola, guardano attorno, a giro di orizzonte, in cerca di un movimento. Un movimento, quale che fosse. Nulla, per strano che possa sembrare, era sparito!

Continuai a camminare ormai deciso a limitarmi a cercare il bestiame e, dimenticando il Blesbok, concludere la giornata. Un leggero vento soffiava da est quando raggiunsi una formazione rocciosa più elevata per cercare, ancora, il bestiame. Lo vidi e trasecolai, si arrampicava tra le rocce alla mia sinistra.

Era ad oltre 200 metri di distanza. Era sul chi vive ma non poteva vedermi: avevo il sole alle spalle, il vento soffiava placido da lui a me, ed ero confuso nell’ambiente.

Il Blesbok raggiunse il punto più alto delle rocce su cui stava arrampicandosi guardando, nervosamente, a sinistra e desta. Pensavo mi avesse identificato poi il suo continuo movimento della testa mi confermò che ero ancora invisibile.

Armai (il fucile), appoggiai il il gomito sinistro sul ginocchio: era a 250 metri da me, mi restava una sola cartuccia.

Presi la mira, accuratamente, mirando al dorso appena sopra la spalla. Respirai a lungo, profondamente, e ritmicamente per calmare l’affanno.

Infine, lentamente e con movimento costante, schiacciai il grilletto. Il rinculo mi fece sobbalzare.

Nuovamente il Blesbok sparì alla mia vista. Mi alzi di scatto cercando comprendere dove si fosse nascosto.

Vidi le zampe, rivolte verso l’alto, stagliarsi verso il cielo. Mi precipitai attraverso il canyon cercando di evitare le rocce e, nel mentre, non rompermi una gamba mettendo un piede in fallo. Presi a risalire sull’altro lato del Canyon stesso. Mi servì una buona mezz’ora per aggiungere il posto dove avevo visto il suo ultimo movimento. Avevo il fiatone, i polmoni mi bruciavano e le tempie battevano forte.

Era li. Sdraiato sulla soffice, verde, erba. Le sue gambe posteriori distese all’indietro testimoniavano, in maniera inconfutabile, che fosse morto.

Guardai suo corpo immobile mentre il sole scendeva lento dietro l’orizzonte e, per la prima volta, provai una sensazione strana. Una sensazione mai provata prima di allora.

Guardai quegli occhi morti, ancora aperti, e realizzai che non avrei potuto fare nulla per riportarlo in vita. Gli avevo rubato l’ultimo raggio di sole.

Sedetti su una roccia vicino a lui. Fissai quell’incredibile “pezzo” di tecnologia che tenevo fra le mani che dava agli esseri umani il controllo sugli animali ed il potere di decidere della loro vita e della loro morte.

Quanti fucili, e quante pistole, avevo avuto nella mia arrogante giovinezza? Quanti vite avevo “mietuto”con loro? Avevo avuto, davvero, bisogno di uccidere quel giorno? Era stata solo egoismo? Avevo bisogno di cibo? Era stato per arroganza? Era stato per provare un senso di potere e di supremazia?

Da quel giorno i miei fucili sono rimasti confinati, come una reliquia, nel loro armadio blindato.


Saluti venatori.
Francesco

PS: Diana è la dea della caccia. La divinità italica, latina e romana (che molti individuano, nel Pantheon mitologico della Grecia classica come Artemide) protettrice degli animali selvatici, la custode delle fonti e dei torrenti. Era, anche, protettrice delle donne cui assicurava parti non dolorosi.
 
Ultima modifica:
Ciao,

Abbiamo, dunque, dei MISTERIOSI OSPITI NOTTURNI?!?!?!

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Purtroppo è l'unica, sfuggevole immagine, che la cam-trap ha catturato, sono le 01.49 del mattino.

In attesa di miglior fortuna, ci ho ragionato su e ...

Non credo sia il nostro gatto che, di solito, dorme al piano superiore ed inoltre con la cam-trap sul pavimento avrebbe (credo) riempito l’immagine e che, stante l'arredamento, non aveva motivo di muovere da destra a sinistra, per andare al cibo.

Fosse un topo (possibile) dovremmo trovare tracce di rosicchiamento e/o altri danni altrove ma, almeno sin ora, niente …

Un serpente (ugualmente possibile) avrebbe potuto sfilare "sotto" la cam-trap. Inoltre la sagoma (ammesso di comprenderla!) non mi torna. Idem per altri rettili (gechi, scinchi, anfibi, etc.). Insomma ... ... ... BOH!!!

Ho , da ultimo, trovato una “fatta” nella ciotola dell’acqua (accando ci sono i croccantini) e questo significa che

1) so dove piazzare la cam-trap (e in effetti avrei potuto pensarci da solo, ogni animale selvatico cerca prima di tutto nascondiglio, cibo ed acqua, Cosa c'è di meglio di due ciotole sempre a portata di mano?)
2) se ha capito - chiunque esso sia! - che li si mangia e di beve … ... ...

... BUONANOTTE!!! emoticons-allegre-06 emoticons-allegre-06 emoticons-allegre-06

Polizieschi saluti.
Francesco

PS: la cam-trap ha ripreso anche alcuni insetti che vagabondano sul pavimento ma quelli, qui, non fanno notizia.
 
Ciao,

Alle volte, per caso, ti ritrovi (anche solo figuratamente) ad altezze inimmaginabili …

Il Sud Africa è, notoriamente, il paese dei diamanti e, in Sud Africa, Johannesburg è la capitale , appunto, del "Paese dei Diamanti". Ho avuto modo – appunto a Joburg, come qui è chiamata gergalmente - di visitare una gioielleria "quotata". È stata un’esperienza, oltre che interessante, frutto della situazione in cui, qui, mi trovo a vivere. In Italia non sarei mai neppure riuscito a superare il “security-check” in entrata, qui invece … venga, si accomodi, prego, da questa parte, mi segua …

Con il Welcome Drink* di prammatica in mano veniamo presi in consegna da una sussiegosa vendeuse che inizia coccolarci e che, immediatamente, con professionalità assoluta comprende … “CHI”!

Chi? Chi, che cosa? Come chi? Ma banalmente … CHI ha i soldi.

In teoria sarebbe proibito fotografare ma lo faccio lo stesso: mi muovo in maniera esplicita, quasi sfacciata, per non dare adito a dubbi di alcun tipo. Tutti mi vedono, nessuno dice nulla.

Inizio a guardarmi intorno, il giro dei "baratti" è vorticoso: foglietti di carta e/o tesserine colorate in cambio di pietruzze colorate e luccicanti. C'è gente che aspetta il suo turno per essere servita. Nessuna ostentazione, understatement, parole appena sussurrate, garbati cenni appena percettibili, sorrisi melliflui. Tutto gira e gira e gira …

Da una parte Euro, Dollari, Yen, Rubli, Rupie, Sterline (ma non solo) dall’altra Diamanti, Smeraldi, Rubini, Zaffiri. Ultime, ma non ultime, le “pietre” (a me) sconosciute: Morganite, Zoisite, Tsavorite, Perle multicolori sfuse ed a pacchetti.

Un posto di rilievo è riservato alla Tanzanite (manco a dirlo dalla Tanzania. Secondo alcuni, pur in minima parte, anche dal Kenya). Le miniere da cui viene estratta sono, stando ai si dice, in via di esaurimento. Come immediata contromossa è iniziata la corsa agli accaparramenti. Sembra strano parlare di “accaparramento” per una, non economica, pietra preziosa. Eppure …

NON nego si tratti (la Tanzanite) di un lusso che mi piacerebbe poter permettere a Stefania ... Chissà!!!

Apposite tabelle, disposte strategicamente, spiegano come la singola pietra viene valutata, quale siano i pregi e quali i difetti. Colore, lucentezza, taglio, foggia, impurità tutto è analizzato con scientifica meticolosità. Quando la sostanza sale e i “foglietti di carta” non bastano più dalle tasche e dalle borsette spuntano, come per magia, le tesserine di plastica COLORATA (alcune garantiscono credito … “unlimited”). le pietruzze sono, via via, più grandi e luccicano sempre più forte …

Infine è GAME OVER! La nostra vetturetta si divincola dall’abbraccio di berline e SUV extra-lusso, passa il check-point in uscita (un cartello avvisa che sono possibili ispezioni approfondite, anche personali, a sola discrezione del personale in servizio) ed esce in strada.

Mi immetto nel traffico in maniera appena malaccorta una bordata di clacson sguaiati mi rammenta, brutalmente, che sono ritornato sulla terra!!!

Ingioiellati saluti.
Francesco.

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Forti della tabella appena mostrata. Cosa vale questa - quella al centro!!! - "pietruzza"? emoticons-allegre-06emoticons-allegre-06emoticons-allegre-06.

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ADD-ON: il Welcome Drink, ma cos’è? Il Welcome Drink è, in tutta l’Africa, quasi una religione. È una bibita (calda o fredda a seconda dei casi) con cui si accolgono i viandanti che hanno appena raggiunto il campo terminando la loro giornata di cammino. Ormai i viandanti non ci sono più ed i turisti arrivano in mega-bus omni-comfort, ma l’usanza è rimasta ...
 

Guida Ciclidi


Nuova edizione Ordinala

Anteprima bollettini


Numero 3/2024

• L’importanza di mantenere un registro. Il caso dei Tropheops di Ad Konings
• Fulwe Rocks – il paradiso sommerso dei Cyprichromini di Enea Parimbelli
• Heroina: un Ciclide stupefacente di Lorenzo Nitoglia


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