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Laggiù nel Paese dei Ciclidi ...

Ciao,

L'Africa è anche questo (immagini di questa mattina, presto) spettacolo abbastanza inconsueto:

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Il Pachypodium - in foto - è una pianta locale, per altro abbastanza comune in questa zona. Quello che abbiamo in giardino (benchè posto in un angolo riparato) era in queste condizioni, spero che riesca a recuperare.

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Gli uccelli (in foto un Ibis hadada o, secondo alcuni, hadida) riposano, sagacemente, su un piede solo, alternativamente.

Questa è la seconda ondata di freddo - in alcune zone del paese sono stati registrati 40 cm di neve! - che arriva da sud (dal polo): si sta rivelando decisamente più feroce della precedente (che pure non aveva scherzato) e dovrebbe durare, pur con intensità calante, sino a fine settimana.

Gelidi saluti.
Francesco

PS: l'auto è ferma, per carenza di ricambi, sino a nuovo ordine. Limitandomi quindi, strettamente, all'assoluto necessario mi sposto in moto!!!


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Ciao,

Non saprei che dire, mi sono posto la stessa domanda, ma non sono riuscito a darmi una risposta plausibile.

Ho gironzolato nei dintorni un pò, deve essere stato, a giudicare dal numero di piante locali in pessime condizioni, un evento abbastanza "estremo"!

Spero davvero sia finita.

Francesco
 
Ciao,

Ancora in tema di gelo, qui siamo più a sud (e dunque molto più vicini al polo-sud, per l'appunto ...):

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45 cm di neve, strade gelate e passi di montagna chiusi! Nel mentre a SL:

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Si vede male (dannato riflesso!!!) ma il termometro, del cruscotto della moto recita 26° C! non è la prima volta che registro escursioni termiche nell'ordine dei 20° C, alle volte più!

Meteorologici saluti.
Francesco
 
Ciao, infine ...

Dopo un tempo infinito segnato dalle traversie di Stefania, dopo un rientro solitario in Italia (a Stefania hanno negato il permesso di volare), dopo un ritorno (via Doha) che ha visto ritardi degni delle lungaggini burocrazie bizantine, dopo tutto ciò è molto altro ancora si è fatta nuovamente – e finalmente – l’ora di tornare in campo!

Sveglia di prima mattina (ma … senza esagerare!!!) e via verso Rietvlei Dam, come distanza (quelli nati sotto il “cuppolone” capiranno meglio) è – più o meno - come Roma/Lavinio ma può, ugualmente permettere incontri interessanti. Finito il breve preambolo faccio parlare qualche breve immagine:

  • Abbiamo, ovviamente, evitato coffee-shop e pic-nic area! Va bene prendersela comoda ma non esageriamo!
  • Tutto è secco: qui l’inverno – quest’anno abbastanza breve e, tranne poche nottate gelide, non eccessivamente freddo – corrisponde alla stagione secca.
  • Per fortuna pozze d’acqua ce ne sono in abbondanza. Da sempre accanto ad esse è più facile fare incontri. Le “groppe” sotto l’albero sono bufali.
  • Immagini come questa ti rammentano che l’Africa è … “terra violenta”.
  • Qui bisogna saper guardare! I due “mucchi scuri” nascosti nella vegetazione sono due rinoceronti.
  • Il fuoco ha una sua precisa funzione “ambientale” (quando non sfugge di mano): sulla terra bruciata la prima cosa che rispunta è l’erba, alimento principe di tutti gli erbivori della savana. Però osservata a “bocce ferme” non è un bello spettacolo.
  • In questa zona – dove probabilmente il fuoco è passato già da un po' – si nota l’erba (chiara sul terreno scuro) che sta ricrescendo. Una zebra riposa all’ombra di un grande albero che, vista la taglia, sopporta il fuoco con più facilità.
  • Un corso d’acqua del genere, che già si intravedeva nell’immagine precedente, rende la crescita più veloce: qui non si nota nulla, o quasi.
È tutto! Ma anche questa passeggiata con Stefania che ha difficoltà a camminare e, alle volte, si aiuta con una stampella è stata una sfida. La prossima volta proveremo ad affrontare un “ostacolo” più impegnativo.

Redivivi saluti.
Francesco



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Ultima modifica:
La “Mabula Game Reserve” (gestita privatamente) è un’altra delle piccole gemme nei dintorni di Pretoria che abbiamo scelto per la prima uscita (post-operatoria) in campo di Stefania dopo molti mesi. Un programma molto soft, per evidenti motivi, ma da qualche parte bisognava pur (ri)cominciare. Quindi eccoci in campo.

Mabula è piccola (relativamente alla specificità delle game reserve) estendendosi su una superficie, complessiva, di 12.000 ettari circostanza che si riflette, ad esempio, nel numero di elefanti ospitati. Per fare le cose a “norma di legge” un elefante (singolo) deve avere a disposizione una superficie di 1.000 ettari … a Mabula ci sono, al momento, sei elefanti destinati a crescere, nel tempo, in maniera molto limitata.

Con numeri così ristretti la necessita di salvare “capra e cavoli” ovvero salvaguardare gli animali evitando loro contatti eccessivamente ripetuti e ravvicinati e gli interessi dei visitatori interessati ad avvistamenti e fotografie non è semplice. A Mabula hanno adottato una peculiare procedura che alla prova dei fatti ha dato, a mio giudizio, buoni risultati.

Prerequisito: ad ogni “spot” (punto in cui è stato avvistato un selvatico) non possono accostare più di due veicoli – prescindendo dal numero di occupanti - alla volta e, salvo rare eccezioni, rimanere a distanza non inferiore ai cento metri (anche se questo può, obiettivamente, pregiudicare la riuscita di certi scatti).

Tutti i ranger – come ho potuto constatare – rispettano la consegna e, per fare ciò è stata istituita una “maglia-radio” per coordinare i movimenti. Si ascoltano messaggi del tipo: “allo stagno grande (gergalmente Dam) sono stati avvistati (ad esempio) due ghepardi, sono presenti i veicoli N1 e N29, gli altri potranno accostarsi – viene suggerito un sentiero per arrivare sul punto - identificandosi e avvicinando solo e soltanto quando uno dei veicoli presenti comunicherà che si sta allontanando”.

Esistono, anche se nessuno usa il cronometro, dei tempi di osservazione cui il bon-ton invita ad attenersi.

Dopo il messaggio precedente si susseguono solo le brevi comunicazioni degli altri veicoli che si avvicinano/si identificano. Quando, ad esempio, N29 (era il nostro fuoristrada) comunica che si sta allontanando il primo dei veicoli in attesa si accoda – dando comunicazione - all’altro già sul posto e così via .... La “centrale” resta in ascolto intervenendo solo in caso di malintesi o necessità.

Può sembrare macchinoso, ma non lo è, e funziona. Ci siamo quasi sempre mossi senza altri veicoli in vista e senza code eccessive (anche perché se la segnalazione è molto lontana il ranger può, a suo giudizio, non avvicinarsi e proseguire su una pista/ricerca alternativa o puntare su uno “spot” più vicino).

  1. Planimetria di Mabula,
  2. Esplorando,
  3. Giraffa,
  4. Cheetah: si nota poco ma il soggetto in foto è dotato di radiocollare per tracciarne i movimenti,
  5. Rinoceronti: ne ho contati sino ad undici nel singolo “spot” da notare come non siano stati privati del corno (come mossa antibracconaggio) provo da ipotizzare che le ridotte dimensioni della game reserve consentano un controllo più ravvicinato e di successo. Ma è una mia ipotesi NON suffragata, in alcun modo, da evidenze concrete.
  6. Elefanti: la presenza di un maschio in “musth” ha aiutato a … mantenere le distanze!
  7. Coffee-Break,
  8. Leone: maschio della imponente criniera nera, proveniente dal Kalahari (Namibia),
  9. Leoni: giovanili nati del maschio della foto precedente e da femmine provenienti dal Etosha (Namibia).
Afro saluti, nuovamente dal bush!

Francesco

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Ciao,

Il bush (ancora alla Mabula Game Reserve) visto da un differente punto di osservazione:


Siamo in zona di "Big FIve" ma solo una giraffa si è mostrata a distanza, relativamente, ridotta.

Motociclistici - ... a quattro ruote!!! - saluti.
Francesco
 
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Ciao,

Non ha più i forti dolori di prima ma ne ha ancora. A detta dei medici non c'è (o non dovrebbe esserci?) nulla di irrecuperabile senza ulteriori interventi chirurgici.

Ma sappiamo che sarà MOLTO LUNGA!

Grazie a te, ed a tutti, per l'interesse alle vicende di Stefania.

Francesco
 
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Ciao,

Il Madagascar non è - e lo sanno anche i muri - Africa. Ma sua vicinanza e la mia passione per le Marakely à bosse (che qui sono di reperibilità quasi ordinaria) mi ha spinto, nuovamente, a fare il passo ...


Tutta la manfrina che vedete nel video: scavi, parate, scaramucce, aggressioni al terzo incomodo (che si intravede verso la fine) son l'iterazionea, comunque interessante, di comportamenti che ho più volte osservato in vasca.

L'unica novità (che potrebbe significare un "passettino" in avanti ulteriore) è il "jaw-Jocking" di cui la femmina porta segni vistosi.

Per me il jaw-locking - il cui nocciolo è: se non sai "combattere" non sai "difendere" e nel corso delle loro verifiche i due non si risparmiano affatto, anzi ... - è stata una novità. Purtroppo tali prove di forza hanno sempre avuto, sempre, luogo quando non ero in condizione di riprendere.

Francesco

PS: in ogni caso sto cercado di organizzare un alloggio esterno: un "contenitore industiale" della capacità di circa mille litri, non è bellissimo mi auguro sia, almeno, funzionale. Hai visto mai che l'aria aperta ... :104:.
 
Ciao,

Il Sud Africa è terra di carnivore, di piante carnivore … NON leonesse, che pure ci sono!!!

Ragione per cui mi ero messo in testa, dopo le esperienze Romane di molti anni fa, di riprovare: cedetti la mia collezione prima della “prima partenza” (Abidjan, 2013).

Il Sud Africa è la patria delle Drosera (fam. Droseracee) la più conosciuta delle quali è Drosera capensis (non ci vuole molta fantasia per capire da dove provenga :104:). Quindi – sintetizzando – il Sud Africa ospita vuoi piante succulente che piante “di palude”, circostanza a modo di vedere non comunissima.

E veniamo a noi, meglio alle quattro nuove arrivate:

Foto 1: le quattro mi sono state tutte vendute come Drosera capensis, già al momento dell'acquisto avevo qualche perplessità, successivamente, con il prezioso ausilio di Plant-Net sono risultate essere:

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Foto 2: Drosera capensis alba, molto simile alla normale D. capensis, manca del pigmento rosso che si forma in piena luce. La pianta è endemica del Sud Africa, in particolare della zona del capo.

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Foto 3: Drosera aliciae: originaria (ed endemica anch'essa) dello stesso paese/area geografica si segnala, tra l’altro, per i fiori dallo stelo lunghissimo (sino a 30 cm), caratteristica che evita la cattura accidentale degli insetti impollinatori.

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Le Drosera (localmente note come “sundews”) necessitano, tutte, molta luce diretta. Una ridotta/nulla produzione della sostanza adesiva che intrappola gli insetti, è presente sulla pagina superiore delle foglie, dimostra la necessità della pianta di avere una maggiore luce solare diretta

Personalmente non ricordo, a Roma, una richiesta così pressante. Vivevano (bene) in una veranda luminosa ma senza eccessi (D. capensis e Drosera binata, dall'Australia e Nuova Zelanda se ben ricordo.) che in inverno raggiungeva anche i 9/10° C. di temperatura. Vedremo cosa accade qui.

Ultima annotazione: le Drosera necessitano di acqua povera (molto povera) di nutrienti, quindi: acqua piovana (quando si è sicuri sia pulita), distillata (pura, quindi senza additivi/profumi di alcun tipo) e di osmosi.

Per paradossale che sia, vista la loro origine, mi è stato qui suggerito di NON usare acqua del rubinetto (che pure a Pretoria sgorga con un pH molto vicino a 6.0). Anche in questo caso, vedremo ... :104:.

Affamati, carnivori saluti.
Francesco
 
Ciao,

Durante la mia assenza (ormai sono qui da un mese e sto, faticosamente, riportando cose a regime non solo per quanto riguarda gli acquari) una delle vasche che avevo lasciato in affido ha avuto problemi: è la vasca cinese piccola, acquistata in Viet Nam, che cominciato a "sudare"

La vasca è (era) in plastica/plexiglas, sempre più spesso sulla parete esterna si formavano goccioline (che sembravano condensa) e poi la vasca ha inizito a perdere ... MAI SUCCESSO PRIMA!!!

Comunque per fronteggiare la situazione tutti i pesci sono stati "buttati" nell'altra vasca che adesso contiene TRE Ctenopoma, SEI Amatitlania nanolutea ed UN Synodontis, che si "pestano i piedi", ormai da tempo, a vicenda! Una zuppa di pesce che non sopporto più!!!

Nel mente gli Ancistrus (L144) hanno "estratto dalla buca" un'altra numerosa massa di piccoli, ne ho contati (per difetto) 32.

Adesso è giunto il momento di fare ordine:

1) Nalla vasca cinese grande resteranno le SEI nanolutea ed IL Synodontis, accorpamento forse sub-ottimale ma le opzioni sono queste. Forse un pò di pecilidi a fare movimento.
2) Nella vasca aperta (è fredda nel periodo invernale, ma noi andiamo verso l'estate) andrà la coppia di Ancistrus sperando che si ... calmino!
3) Nella vasca "riparata" andranno i TRE Ctenopoma.
4) Nelle vaschette in foto (anche esse aperte e fredde) andranno a crescere i baby ancistrus.

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In foto la "meno piccola" (in secondo piano) è in fase di maturazione, la "un pò più piccola" (a sinistra) è già operativa e ospita quindici piccoletti, la "microscopica" (davanti, sulla destra) è ancora secca e - forse - tale resterà. NON essedoci piante, tranne un pò di Ceratophyllum, ho previsto un solo punto luce.

Con il tornare del freddo (a partire dal prossimo giugno/luglio) affronterò il problema della gestione delle vasche fredde. Per ora ho necessità di tamponare la situzione ...

Seguiranno aggiornamenti.
Francesco.
 
Ciao,

Il Sud Africa è terra di carnivore, di piante carnivore … NON leonesse, che pure ci sono!!!

Ragione per cui mi ero messo in testa, dopo le esperienze Romane di molti anni fa, di riprovare: cedetti la mia collezione prima della “prima partenza” (Abidjan, 2013).

Il Sud Africa è la patria delle Drosera (fam. Droseracee) la più conosciuta delle quali è Drosera capensis (non ci vuole molta fantasia per capire da dove provenga :104:). Quindi – sintetizzando – il Sud Africa ospita vuoi piante succulente che piante “di palude”, circostanza a modo di vedere non comunissima.

E veniamo a noi, meglio alle quattro nuove arrivate:

Foto 1: le quattro mi sono state tutte vendute come Drosera capensis, già al momento dell'acquisto avevo qualche perplessità, successivamente, con il prezioso ausilio di Plant-Net sono risultate essere:

Vedi l'allegato 41401

Foto 2: Drosera capensis alba, molto simile alla normale D. capensis, manca del pigmento rosso che si forma in piena luce. La pianta è endemica del Sud Africa, in particolare della zona del capo.

Vedi l'allegato 41402

Foto 3: Drosera aliciae: originaria (ed endemica anch'essa) dello stesso paese/area geografica si segnala, tra l’altro, per i fiori dallo stelo lunghissimo (sino a 30 cm), caratteristica che evita la cattura accidentale degli insetti impollinatori.

Vedi l'allegato 41403

Le Drosera (localmente note come “sundews”) necessitano, tutte, molta luce diretta. Una ridotta/nulla produzione della sostanza adesiva che intrappola gli insetti, è presente sulla pagina superiore delle foglie, dimostra la necessità della pianta di avere una maggiore luce solare diretta

Personalmente non ricordo, a Roma, una richiesta così pressante. Vivevano (bene) in una veranda luminosa ma senza eccessi (D. capensis e Drosera binata, dall'Australia e Nuova Zelanda se ben ricordo.) che in inverno raggiungeva anche i 9/10° C. di temperatura. Vedremo cosa accade qui.

Ultima annotazione: le Drosera necessitano di acqua povera (molto povera) di nutrienti, quindi: acqua piovana (quando si è sicuri sia pulita), distillata (pura, quindi senza additivi/profumi di alcun tipo) e di osmosi.

Per paradossale che sia, vista la loro origine, mi è stato qui suggerito di NON usare acqua del rubinetto (che pure a Pretoria sgorga con un pH molto vicino a 6.0). Anche in questo caso, vedremo ... :104:.

Affamati, carnivori saluti.
Francesco
A casa ho diverse Drosera tra cui la capensis, anche se non la alba, e la aliciae. Molto robuste in genere! Pensi che le tue derivino da prelievi in natura o sono cultivar?
 
Ciao,

Non lo so. Mi sono posto posto la tua stessa domanda. Ignoro quale sia la situazione in natura e quindi, per caduta, la possibilità di raccogliere (non di nascosto). Davvero non saprei ...

Francesco
 
Ciao,

Quella che voglio raccontare qui è la storia (ennesima) della imbecillità (eufemismo) umana: quello che vedete in foto NON è un errore della Natura! Nossignori ... è l'anteprima (al CIPS) dell'ennesima "selezione" in arrivo dalla Cina.

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In Italia (dove le "red sliders" sono proibite) non arriveranno, forse. Però ... prepariamoci che non si sa mai.

Francesco
 
Ciao,

THE GUMBOOT DANCE (LA DANZA DELLE SCARPE DI GOMMA).

La “Gumboot Dance” origina in Sud Africa, durante il periodo dell’apartheid, fra i minatori che lavoravano all’estrazione dell’oro. Ai minatori, che nelle gallerie, lavoravano in condizioni durissime con continuo flusso di acqua gelida, non era consentito parlare durante i lunghi turni di lavoro.

Per tanto svilupparono una sorta di comunicazione non verbale fatta di mosse/sbattimenti ritmici dei piedi che, appunto, calzavano scarpe di gomma, come un metodo di comunicazione alternativo.

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Un'immagine d'epoca, sopra, e una replica odierna, in un atmosfera decisamente meno drammatica, sotto.

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Tale forma di comunicazione si è, col tempo, evoluta in una danza fatta di movimenti ritmici e coordinati fra i vari partecipanti alla danza stessa.

I tempi ancora successivi la “Danza delle Scarpe di Gomma” è assurta al ruolo di forma d’arte ed è entrata, quindi, a far parte del patrimonio culturale del Sud Africa.

Francesco
 
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Guida Ciclidi


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Numero 3/2024

• Raccogliendo Pelvicachromis kribensis di Michel Keijman e Uwe Werner
• La storia di Apistogramma nijsseni di Livio Leoni
• I ciclidi nani del lago Tanganica di Giorgio Melandri


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